In Colombia andai per la prima volta nel 1989, pochi mesi dopo l’avvio della mia esperienza di responsabile America latina: rappresentai il PCI (unica forza politica europea presente), al 2° Congresso della Union Patriotica. Sbarcai a Bogotà e sembrava di stare in un paese in guerra: militari armati fino ai denti, attentati, coprifuoco da una certa ora in poi, gente perennemente all’erta e guardinga, armi da tutte le parti…
In questa situazione tesa e spettrale, insieme al pittore Pedro Alcantara visitavo laboratori di teatro d’avanguardia, oppure assistevo a presentazioni di libri di poesia… Il paese dell’assurdo. Come molti, allora, dicevano: "Gabriel Garcia Marquez non è un romanziere, è un cronista, non ha dovuto inventare nulla … solo descrivere”.
La Union Patriotica, UP, fondata da Diego Montaña Cuellar, era il tentativo, forse volontarista ma sicuramente giusto e affascinante, di dare una "alternativa” politica a coloro che nella guerriglia (delle FARC, ma nonsolo), ritenevano conclusa la fase della lotta armata e giunto il momento della lotta politica democratica. "Quelle” FARC non si erano ancora vendute al narcotraffico, mantenevano un barlume di motivazione politica (per quanto arcaica e rozza), il rapporto con il PC colombiano ancora aveva qualcosa di vagamente somigliante alla dialettica (pur immaginando quanto dovesse essere difficile discutere con personaggi della storia e del calibro – in tutti i sensi - di Tirofijo o di Jacobo Arenas…). Nello stesso establishment, sia liberale che conservatore, iniziavano – pur fra mille contraddizioni - a germinare semi di novità. Inoltre il Partito Liberale era entrato nella Internazionale socialista, a dimostrazione che l’etichetta non sempre corrisponde al contenuto.
La UP, quindi, dava fastidio a molti. Anzi: a troppi. Questa era la sua grande colpa e per questo venne, negli anni successivi, spazzata via. Con migliaia di omicidi mirati. Una delle più grandi stragi colombiane: quattro-cinquemila militanti della UP ammazzati uno dopo l’altro, un progetto politico distrutto. La UP dava fastidio a molti e molti hanno contribuito a distruggerla: apparati dello Stato, paramilitari, le componenti più militariste e criminali delle FARC e delle altre guerriglie…
Ma torniamo al 2° Congresso: incontrai moltissimi compagni ed esponenti politici di tutti i partiti, dirigenti sindacali, intellettuali, attivisti dei diritti umani. Con coloro che riusciranno a sopravvivere l’amicizia non si è mai dissolta. Conobbi Angelino Garzon, proveniente dal PC e Segretario della CUT (considerato, dai nemici interni, uno dei "socialdemocratici”), vent’anni dopo sarà eletto vice Presidente della Colombia. Due anni dopo, nel 1991, Angelino organizzò a Bogotà un Seminario pubblico su Gramscie vi partecipai a nome del PDS e dell’Istituto Gramsci di Roma.
Ma in quell’occasione la persona con cui più mi legai fu Bernardo Jaramillo, il Presidente della UP, anche lui come Angelino, Lucho Garzon, ecc., di provenienza PC. Si instaurò immediatamente una sintonia ed una forte simpatia. Bernardo due anni prima aveva assistito al Congresso nazionaledel PCI a Roma, e ciò lo aveva segnato: eravamo diventati per lui un grande punto di riferimento internazionale, un esempio concreto di sinistra moderna che rifiuta dogmatismo e massimalismo, malattie infantili e senili del comunismo. Forse, questa sua visione peccava di superficialità ed ingenuità, mitizzando una situazione invero complessa. Con lui e la moglie, Mariela Barrajan, passammo molto tempo insieme a discutere di politica. Al Congresso, volle che sedessi al tavolo della presidenza, e fu lui a presentarmi quando mi diedero la parola per intervenire a nome del PCI, davanti ad oltre un migliaio di delegati colombiani e a decine di delegazioni dell’America latina. Ero molto emozionato: era il mio primo intervento pubblico a livello internazionale. La presenza amichevole di Bernardo mi trasmetteva tranquillità, e ne avevo bisogno perché tra le delegazioni latinoamericane ve n’erano diverse ostili al PCI e alle scelte che si apprestava a compiere (scioglimento, cambio di nome, ecc.). da alcune di queste si levarono fischi e grida durante il mio intervento, e l’astio si tagliava col coltello. Non fu proprio una passeggiata. Mi ci abituai rapidamente: nei primi anni ’90 fu un cliché che si ripetette in quasi tutti gli appuntamenti internazionali.
Durante e dopo il Congresso feci alcuni incontri bilaterali, sia con esponenti colombiani che con delegazioni estere. Incontrai il PC colombiano e Jaime Caycedo, prima ancora di salutarmi, mi chiese: come sta Renato Sandri? Con Caycedo c’era il vecchio, immarcescibile Segretario generale, Gilberto Vieira, e il Direttore del quotidiano comunista "Voz”, Manuel Cepeda, che verrà trucidato anni dopo. Ne ricorda instancabilmente la memoria il figlio Ivan.
Alla mia partenza da Bogotà Bernardo Jaramillo venne a salutarmi: ci augurammo di rivederci presto. Non succederà: dopo pochi mesi il Presidente della UP fu assassinato da un giovanissimo sicario (mandato da chi?) all’aeroporto di Bogotà.
Successivamente tornai innumerevoli volte in Colombia, paese straordinariamente bello. Nei primi anni ’90 conobbi moltissimi altri esponenti della sinistra colombiana, dei due partiti liberale e conservatore, della società civile, del mondo della Chiesa inquieta. Conobbi Bernardo Gutierrez, capo del piccolo gruppo guerrigliero del EPL, che fece la scelta di deporre le armi, tornare alla vita civile e fu eletto senatore. La vita e la ricerca di un posto sicuro per se e per la sua famiglia lo portò in Italia, tra Roma ed Amelia, dove morì.
Conobbi Nicolas Buenaventura, un intellettuale "organico” al PC che, dopo una vita nel PC, scrisse un libro ("Que pasò camarada”), che segnò la sua uscita dal partito; Luis Eduardo "Lucho” Garzon, che diventerà Sindaco di Bogotà; Antonio Navarro Wolf, capo della guerriglia dell’M19, che successivamente guiderà l’Assemblea costituente e sarà Governatore del Dipartimento di Nariño; Gustavo Petro, anche lui successivamente Sindaco di Bogotà; Jairo, un prete clarettiano, che andai a trovare nel Chocò, passando il Natale con lui, la sua compagna e i suoi figli (…tanto per non smentire Garcia Marquez) visitando, in barca, comunità indigene e contadine; Pedro Santana, della Ong Viva la Ciudadania; Jairo Agudelo, formatore, al CUAM di Verona, di centinaia di cooperanti italiani che hanno calcato le terre latinoamericane, adesso professore all’Università di Cartagena de Indias; e molti altri.
Una persona che mi ha, successivamente, aiutato a conoscere meglio la Colombia profonda, quella della società civile e della cultura, è Carlo Tassara, dirigente della Ong CISP e professore universitario: a lui, a Yolanda Zuluaga,e al giovane Darìo, mi lega una forte amicizia.
Tra gli Ambasciatori italiani a Bogotà conobbi Felice Scauso, con cui avrò successivamente molte occasioni di collaborazione, e Francesco Peano.